Alberto Dati's profile

La città dei vivi

Passeggio da anni nel Cimitero San Brunone di Taranto. Vado a trovare i miei cari, e assieme a loro incontro tanta altra gente. Conosco a memoria i nomi delle strade, e mi soffermo su alcune tombe da decenni. Le guardo, mi sembra di conoscerne gli occupanti. Nonostante la mutua conoscenza rimaniamo tutti senza parole, ci limitiamo a guardarci e a riflettere. Loro guardano me e io guardo loro. Niente echi lontani, niente apparizioni, niente di strano. Solo volti che mi osservano attoniti, stupefatti della propria dipartita. Non c'è nessun morto che mi racconti la propria storia, tutti qui mi lasciano arguire e immaginare destini infranti. Qui non siamo a Spoon River, siamo a Taranto.
La banda ha appena finito di suonare. Un altro lavoro concluso, è ora di smontare gli strumenti e tornare a casa.
La parte antica del cimitero risale alla fine dell'800, e molte tombe sono ormai in disuso, dimenticate e abbandonate al correre del Tempo.
Che giorno brutto dev'essere stato il 12 settembre del '17! Durante la Guerra quel bel visino è scomparso per sempre, e ora mi scruta dal fondo di uno strato di minerale. Sulla sua tomba, quasi un secolo dopo, c'è un fiore. Lasciato probabilmente da uno sconosciuto. Si usa lasciare fiori sulle tombe abbandonate, e i passanti scelgono in base alla foto, o al proprio gusto. Si preferiscono le ragazze giovani e belle e i bambini.
Oggetti di tutti i tipi sono lasciati negli angoli, perchè possano servire a chi ne abbia bisogno. Beni comuni, strumenti quotidiani di pietà.
Il primo volto che incontro è sprezzante. Acconciatura anni '40, qualche fiore. Gli occhi chiari sono ancora lì, la cravatta ben annodata. Questi volti sono ancora vivi, sembrano cercare il mio sguardo per chiedermi: "Ma è successo veramente? Sono proprio morto?".
La parte moderna del cimitero è stata iniziata negli anni '60. Le architetture cambiano, la borghesia cittadina diventò allora più ricca. Un nuotatore ventenne è ancora ritto nell'atto di tuffarsi in acqua, è la versione moderna della Tomba dell'Atleta conservata al Museo, a pochi chilometri da qui. 
Torno nella parte antica, mi piace di più e la conosco meglio. Qui venivo con mia nonna a passeggiare la domenica mattina, dopo il mercato dei Tamburi. Venivamo a trovare il marito buonanima, e ora io vengo a trovare entrambi. Mi soffermo davanti a questi occhiali storti, a questo sguardo intelligente. Chissà dove sono ora quegli occhiali.

Ci sono molti bei baffi al cimitero. Ma ancor più mi colpisce questo sguardo - veramente sorpreso dalla Morte. Questo signore ha dipinto sul volto la sorpresa, sembra essersi accorto di essere morto con un certo disappunto. Il marmo è lindo, pulito, e il signore sembra trovarsi in imbarazzo davanti a tanto lindore.
Ancora baffi, ancora gente dimenticata. Un fiore - pur appassito - ricorda il passaggio di qualcuno, più che onorare la memoria del defunto. Si portano i fiori ai morti per sfidare il tempo. Il fiore reciso caduco e passeggero contro l'eternità della morte. Vince la tomba che ha i fiori più freschi, la memoria più viva.
Mi interrogo su questa tomba di un bimbo morto 80 anni fa. Snoopy è vecchio e impolverato, ma sicuramente di decenni posteriore alla morte del bambino. Messo lì per caso? Da chi? Da un lontano discendente? Da una madre ormai vecchissima?
Ci sono anche i cappelli, tanti cappelli e tanti occhiali dalle montature tonde. E un mazzo di fiori che sembra caduto dal cielo, buttato lì per caso o lasciato da una mano consapevole.
L'avvocato in panciotto guarda ancora fiero davanti a sè, mentre alle sue spalle tutto tace. I begli occhiali tondi sono rotti, e sulla faccia dell'avvocato si affaccendano le stanche lumache. Tutto passa, sulla testa calva dell'avvocato.
Infine fiori, ancora fiori, dappertutto nel cimitero. Enormi cestini di plastica li raccolgono, li riciclano, li fanno tornare alla terra, madre di tutti. In attesa dei nuovi vivi, delle nuove mani che invisibili, costanti, instancabili, porteranno nuovi fiori a questi volti a me noti.
La città dei vivi
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La città dei vivi

A walk in my hometown cemetery, among ancient graves, portraits and old folks.

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