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La montagna di Roma

LA MONTAGNA DI ROMA
Ci vuole tempo per descrivere un posto così. 
Una volta meta di personaggi illustri e non della capitale, oggi abbandonata ad una destino che la vede sempre più sola e verde. 
Attualmente il colore non simboleggia la speranza, ma la solitudine di una montagna che non conosce più il bianco della neve e per questo rimasta isolata a 2117 metri di altezza sopra il livello del mare.
Nonostante ciò l’ho vista pura, in un silenzio solenne e paradisiaco che ti accompagna dalle pendici fino alla vetta. 
Una pace che fa riflettere chi decide di camminare sul suo terreno, attraversato dalle nuvole che fanno quasi da riparo a quei pochi cristalli che decidono di combattere contro il tempo. 
Le seggiovie in disuso sono l’ultimo ricordo dei fasti del passato, rosse come il sangue di una ferita che non si rimargina.
Siamo artefici di una crisi climatica senza precedenti che non da tregua, trasforma e distrugge.

In ogni caso per me, rimani come ti descrissero secoli fa : "con le tue valli pittoresche, una cresta scoscesa, una vetta imponente.. "

La bellezza non conosce né crisi né tempo. 
Il Terminillo oggi come allora è e sarà la montagna di Roma.
STORIA

Il monte Terminillo era ben conosciuto già nell’antichità: Virgilio lo citò nell’Eneide parlando delle sue «tetricae horrentes rupes» (tetre spaventose rupi); Marco Terenzio Varrone descrisse i «gurgures alti montes» (alti monti Gurguri). 

Solo all’inizio dell’Ottocento si iniziò ad affermare sugli atlanti il toponimo Terminillo (diffuso fin dal Cinquecento tra gli autoctoni), che deve la sua origine al fatto che la montagna segnasse il confine tra Stato Pontificio e Regno di Napoli e il termine dei rispettivi territori.

Alla fine dell’Ottocento, con la diffusione dell’alpinismo, iniziarono le prime ascese alla vetta e l’esplorazione sistematica della montagna.
ll viaggiatore tedesco Ferdinand Gregorovius scrisse di «valli eccezionalmente pittoresche» percorse da «torrenti spumeggianti»; l’alpinista Enrico Abbate, autore di una tra le prime guide dell’Appenino, parlò di una montagna «imponente e con creste scoscese», capaci d’inverno di ricordare le emozioni di «una difficile salita alpina».
Negli anni trenta il governo fascista realizzò sul monte Terminillo un imponente progetto di valorizzazione turistica, che portò la montagna a diventare una vera e propria stazione sciistica con moderne infrastrutture di accesso e di ricettività; pubblicizzata e propagandata come la “montagna di Roma”, in breve divenne un punto di riferimento per l’intera Italia centrale e in particolare per l’alta borghesia romana.

Nel 1933 l’inaugurazione della Via Terminillese, che si diramava dalla Via Salaria. 
Fu progettata con criteri ingegneristici moderni rendendo l’ascesa degli automezzi più agevole possibile oltre che una meta facilmente raggiungibile.

«Con questa strada / da Benito Mussolini / fu rivelata a Roma / la sua montagna»


PERCORSO

Difficoltà: E
Durata: 2 + 1.30 = 3.30 ore (andata e ritorno escluso pranzo)
Dislivello complessivo: 500 metri
Sentieri: 401 (segnavia rosso/bianchi)

L’itinerario scelto parte da Pian de’ Valli , precisamente dal parcheggio della pista di slittino e bob “La Malga”. 
Si sale puntando la collina con le antenne, a sinistra avremo il Terminilluccio con la stazione meteo dell’Aeronautica Militare, a destra il Terminilletto con il rifugio Massimo Rinaldi.
Lasciandoci la stazione meteo sulla sinistra, facciamo una piccola sella e seguiamo il percorso 401 ben visibile ma non segnalato. Cammineremo su una strada di ghiaia, prima rettilinea poi piena di tornanti che ci porterà fino al rifugio Massimo Rinaldi (percorrenza 1 ora).

Il colore vispo e acceso del tetto rosso e delle finestre è visibile anche da lontano. 
Se non ci hai mai fatto caso è perché, passando per Campoforogna, non hai mai alzato lo sguardo al cielo!
È stato il primo rifugio ad essere stato costruito sul massiccio del Terminillo.
E' una tappa miliare dell’alpinismo laziale, sorto ben prima che la Montagna di Roma divenisse meta delle domeniche delle famiglie romane e reatine e che il turismo esplodesse in questa zona.
Collocato a 2108 metri s.l.m., il rifugio Rinaldi ha infatti una storia che risale al 1900. 
Fortemente voluto dalla sezione CAI di Roma, nella sua prima versione in legno il rifugio fu letteralmente costruito nella capitale per poi essere trasportato a dorso di muli e montato sulla cima del Terminilletto.
Il rifugio Massimo Rinaldi è raggiungibile esclusivamente a piedi: non esistono strade per arrivare in auto e la seggiovia non è in funzione da molti anni. Tutto questo lo rende un posto per pochi ed affascinante.
La prima struttura finanziata dalla sezione romana del CAI, dal re Umberto I (da cui prese il nome originario) e dai Ministri del Regio Governo, nonché dai comuni pedemontani, costò circa 7.000 lire e rappresentava all’epoca un gioiello della tecnologia costruttiva in alta quota tanto da essere premiato con la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1900.
La costruzione di questo rifugio alpino contribuì al significativo aumento delle escursioni sul Monte Terminillo, soprattutto invernali, con pernottamento e salita sulla vetta del Terminillo passando per il Passo del Cavallo.

Dal rifugio Umberto I al rifugio Massimo Rinaldi.
Le condizioni del rifugio peggiorarono durante la Seconda Guerra Mondiale, quando crollò parte del muro esterno in pietra. 
Nel 1966 dalle macerie del vecchio rifugio ne fu costruito uno nuovo, ma all’esterno identico a quello precedente. Nella ricostruzione furono posate agli angoli della struttura quatto pietre provenienti ognuna dai quattro santuari francescani della Valle Reatina: Greccio, Fonte Colombo, Poggio Bustone e la Foresta.
Il nuovo rifugio fu inaugurato nel 1969 e fu intitolato a Monsignor Massimo Rinaldi, vescovo di Rieti, nella ricorrenza del centenario della sua nascita. 
A rafforzare il legame tra il rifugio e la figura di Massimo Rinaldi, nel 2002 fu collocato sulla facciata un busto in bronzo del Monsignore realizzato dallo scultore reatino Dino Morsani*.

*informazioni sul rifugio prese dal sito: https://www.scoprilasabina.it/cosa-vedere/rifugio-massimo-rinaldi-terminillo/

Proseguendo e lasciando il rifugio alle nostre spalle, inizia la parte più bella del percorso. 
Un sali e scendi sulla cresta, bello e un pò pericoloso, astenersi se si soffre di vertigini. 
La vista è mozzafiato sia a sinistra che a destra, davanti a noi una leggera e continua salita ci porterà sulla vetta del Terminillo a 2117 metri sopra il livello del mare (percorrenza 40 minuti). 

A questo punto inizierà la discesa sul versante est che si affaccia, con un meteo favorevole, sulle magnifiche vette del Gran Sasso e del Velino. 
Il terreno è ghiaioso fino all’incontro con il rifugio Sebastiani (percorrenza 40 minuti). 

A quel punto conviene prendere la strada provinciale verso destra e tornare verso il Terminillo. Costeggeremo la montagna alle sue pendici per quasi 2km fino al parcheggio (percorrenza 30-40 minuti), concludendo così il nostro percorso ad anello di trekking.
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