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DAINESE BIOSUIT 800 anni di Spazio @UNIPD

Tre giorni di convegno per riunire studiosi e studiose, professionisti e professioniste del settore, ma anche cittadini e cittadine, all’insegna delle celebrazioni dell’Ottocentenario dell’Università degli Studi di Padova, dell’immensa eredità scientifica di questi 8 secoli e delle strade che si aprono verso grandi risultati futuri.

Tra gli speakers, Bernard Foing (ILEAWG & EuroMoonMars), David Williams (NASA Goddard Space Flight Center), Jacques Arnould (Centre National d’Etudes Spatiales – CNES), Giorgio Saccacciola, Presidente dell’Agenzia spaziale italiana (ASI) e molti altri.

Un onore per me aver partecipato all'evento e raccontare l'esperienza D-Air lab e Dainese nell'ambito del design della protezione in ambienti estremi quali quello dello spazio e dell'antartide
M. Barbarossa (Sidereus), A. Piovesan (Dainese, D-Air Lab), V. Cafaggi (Dainese, Dairlab), G. Dal Lago (Officina Stellare), G. Marchiori (E.I.E. Group), F. Zoppas (Regione Veneto, Rir-Air)
A. Piovesan (Dainese, D-Air Lab)
Partendo dagli studi di Arthur Iberall degli anni ‘40, si è scoperto che vi sono determinati punti del corpo che, nonostante i movimenti, non si contraggono e non si allungano e, collegandoli attraverso le cosiddette “linee di non estensione”, la pressione dell’organismo rimane costante. BioSuit è concepita in modo da congiungere questi punti, esercitando una pressione meccanica sul corpo senza però interferire con il movimento degli astronauti. 

La novità è costituita proprio dalla sostituzione della pressurizzazione pneumatica con una pressurizzazione di tipo meccanico. L’interno della tuta degli astronauti, infatti, perché l’uomo possa resistere nello spazio, deve essere pressurizzata. La pressione pneumatica all’interno, però, renderebbe la tuta ingombrante e rigida, aumentando notevolmente lo sforzo dell’astronauta per spostarsi.

Ideata da Dava Newman, docente del MIT di Boston e “Deputy Administrator” della NASA, BioSuit è stata progettata dallo studio Trotti and Associates dell’architetto spaziale argentino Guillermo Trotti, mentre, con il supporto e il know-how del Dainese Science and Research Center, sono stati realizzati i primi prototipi.
“Il termine Space Economy è entrato in modo importante nello scenario quotidiano, non solo di chi opera “nel settore”, ma anche e sempre più di ognuno di noi.

La stessa espressione rimanda in maniera assolutamente naturale ed inevitabile allo Spazio, ma va considerato che dietro a questo “nulla cosmico” si celano invece moltissime sfumature che delineano una complessità fatta di aggregazione e sperimentazione; e proprio qui -questa volta- vorrei soffermarmi, rimanendo per un istante con i piedi piantati (o quasi) a Terra.

Vorrei parlare dell’Antartide, il trait d’union tra l’ordinaria quotidianità e le missioni spaziali del prossimo futuro. Il Polo Sud non a caso è, per le caratteristiche ambientali, uno dei campi di test per la preparazione degli astronauti, ma è qualcosa di assolutamente vicino anche a D-Air Lab: nello scenario dei tanti ambiziosi obiettivi dell’azienda vi è quello provvedere alla protezione di chi, proprio come gli astronauti, opera in condizioni ostili, quasi proibitive.
Nasce quindi una tuta che per caratteristiche innovative è molto vicina a quella degli astronauti ma che – per l’esigenza di vestire un sostenuto numero di ricercatori da qui ai prossimi anni – tiene conto forse per la prima volta in questo contesto “spaziale” delle logiche proprie dell’industrializzazione.

Ecco quindi che tutte le scelte (dalla selezione del singolo filato, della singola membrana, alle componenti elettroniche, alla sensoristica) vengono fatte in funzione delle performance ma anche della fattibilità tecnica, della riproducibilità, dei costi e dell’affidabilità: +3220 m s.l.m. e -70° percepiti sono stati alcuni dei parametri che ho avuto modo di testare personalmente in una simulazione in camera climatica per misurarci proprio con il contesto.

Tutto diventa più facile inoltre nel momento in cui iniziamo a guardare a queste imprese come non a qualcosa di futuribile ma a qualcosa di ben più vicino a noi.

Da designer infine, mi sento di aggiungere che non deve mai venir meno all’interno dell’organismo “Team” la parte Sognatrice – meno tangibile – che in un equilibrio costante tra fantasia e fattibilità permette a noi tutti di raggiungere nuove mete con mezzi sempre più efficienti; della la serie: “credere per vedere e non viceversa”.” 

Alberto Piovesan
DAINESE BIOSUIT 800 anni di Spazio @UNIPD
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